La libertà di essere Patti Smith

Per due giorni sembra che la storia del rock si sia fermata a Firenze: mentre mercoledì i Television ci hanno riportato tutti al 1977 con il loro straordinario disco "Marquee Moon", giovedì è toccato alla sacerdotessa del rock, alias Patti Smith, spostare le lancette sul 1975 e incantare l'Anfiteatro delle Cascine con le note di "Horses", suo primo straordinario lavoro che già all'epoca l'aveva consacrata come una delle icone rock mondiali.

Quando arriva sul palco, Patti Smith emana carisma: questa placida signora americana che saluta tutti con la mano possiede in sè la carica, la verve, la poesia, la grazia di un tempo che non esiste più ma che grazie a lei rivive in quel di Firenze, città da lei molto amata fin dallo storico live del 1979. 

E allora "Gloria" (come dicevano i Them) a Patti Smith, che merita di essere celebrata in un rito collettivo, lei, sacerdotessa di un mondo in cui erano importanti le persone e non le cose, in cui si dava valore alla libertà, alla cultura, ai sentimenti e alla pietà, in cui la propria coscienza era una guida infallibile. Forse oggi non è più così, ma per una sera, al Parco delle Cascine, lo è stato di nuovo, come lo era a "Redondo Beach" negli anni '70.

In forma straordinaria, accompagnata dal figlio Jackson al basso e dal fido Lenny Kaye alla chitarra, Patti si scatena, si arrabbia, ci blandisce, scherza e gioca con noi che la guardiamo adoranti, con quello sguardo con cui si guardano i miti. Già, perchè lei è un mito, ma in fondo è anche una madre e una moglie, che vive nel ricordo del marito Fred "Sonic" Smith a cui dedica ancora una volta "Because the night", uno di quei brani che sempre ti scuotono, sempre ti fanno venire i brividi sulla pelle.

Vederla danzare sul palco intonando "Dancing barefoot", vederla trasformata mentre, come uno sciamano, ci invita a celebrare "Horses" in un mantra di una potenza ineguagliabile, vederla sciogliersi e spezzare le corde della chitarra su "My generation" sono momenti da conservare preziosi, pensando che si è molto fortunati a poter assistere ancora oggi a performance di questo calibro, a poter sentire parlare ancora oggi persone di questo calibro, poter sentire il suo vero dolore e la sua vera pietà per ciò che è accaduto in America (la strage degli afro-americani compiuta da un 21enne in una chiesa), poter sapere dalla sua viva voce cosa vuol dire la libertà, cosa vuol dire dare valore a qualcosa, poter percepire l'amore che Patti Smith ha per ciò che fa e la sua voglia ancora intatta di comunicare con il mondo. Ecco queste sono grandi fortune.

Lunga vita a Patti Smith dunque, che ogni giorno ci ricorda che "people have the power". Una lezione senza prezzo da non scordare mai.

@Alessio Gallorini

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